Un mondo in crisi…

Questo settembre sta passando sotto il segno della speculazione del capitale, della sua crisi, della regressione di tutti i mercati, venti di bufera tirano sulle borse di tutto il mondo, e certamente anche le nostre di borse, assai più modeste non se la passano bene, vuote di già a metà del mese…

Eppure in questo panorama di recessione mondiale assistiamo finalmente nel comparto dell’imaging digitale legato alla fotografia al primo vero avvento di una genia di apparecchiature destinate a durare.

E’ evidente come oramai da tempo il settore ricerca e sviluppo di tutte le grandi case fotografiche sia nei fatti stato preso in ostaggio dal marketing. Gli ultimi anni, a dire il vero l’ultimo decennio ci ha visto inseguire il miraggio dell’immagine digitale e con essa una sorta di ritorno popolare all’hobby fotografia. In realtà questo non è accaduto, è solo il frutto di una distorsione del punto di vista dell’osservatore per grazia o colpa di una abilissima operazione di marketing. La fotografia digitale non esiste, perlomeno non esiste ancora e non esisterà a breve… siamo di fronte ad altro, è successo altro…

Il mercato della fotografia tradizionale, come lo ricordiamo sul finire degli anni ’80 – ’90, era sull’orlo di una crisi perenne. Nessuna delle varie proposte commerciali delle major della fotografia sembravano capaci di rianimarlo. Milioni di dollari furono buttati nel formato APS, introdotto nel 1996 da un corsorzio composto da Fujifilm, Kodak, Canon, Nikon e Minolta, pensato a tavolino in risposta ad un calo di interesse generalizzato verso la fotografia fu di fatto un fallimento assoluto…

A concorrere a questo fenomeno di grande fatica del complesso industriale fotografico furono due grandi concause, che si erano verificate assieme: da un lato la recessione che colpì tutti i grandi fabbricanti di ottiche e macchine fotografiche, dall’altro il costante allontamento dalla fotografia come hobby di massa, sostituito radicalmente dalla passione sproposità per i nuovi giocattoli nascenti, informatica e telefonia.

Vediamo il primo elemento della crisi. I fabbricanti di macchine fotografiche non riuscivano più a vendere i loro apparecchi, perchè ? In buona sostanza questo dipese dalla non obsolescenza e dalla grande durata dei prodotti venduti. Di fatto l’ottica e la meccanica fotografica sul finire degli anni ’80 avevano raggiunto la loro maturità, scegliendo un prodotto top di gamma di una marca come Nikon o Leica si andava ad acquistare un oggetto che per quanto caro fosse, sarebbe durato almeno per un decennio, salvo come in molti casi accadde proseguire la sua vita per un buon trentennio.
Di fatto io posseggo diversi obiettivi e corpi macchina, tutti perfettamente funzionanti ed in uso, che hanno sulle spalle dai 30 ai 60 di vera vita professionale. Insomma i prodotti, prodotti con certi principi costruttivi tedesco-nipponici, non invecchiavano e non abbisognavano di essere sostituiti. Lo stesso si poteva applicare anche alle primissime generazioni di macchine elettroniche, recentemente ho rimesso in vita due F-801s di Nikon che furono le reflex con cui cominciai a praticare la fotografia. Malgrado abbiano oltre 320.000 scatti all’attivo, con pochissimi soldi mi è stato possibile riportarle al quasi nuovo, con la complicità di Nikon Francia che gentilmente si è impegnata in un salvataggio affettivo. Inutile poi insistere sulla affidabilità di marchi come Hasselblad o Rollei, di fatto tutte le persone che conosco ancora posseggono e usano vecchi corpi Hasselblad e Rolleiflex biottiche senza alcun problema di sorta.

Insomma a ben vedere qualunque casa avesse messo in commercio una Nikon F3 titanio o una Leica M o una Hasselblad 500 o una Rolleiflex 3,5 Planar, oggetti destinati a durare un trentennio almeno avrebbo fatto fallimento o quasi.

Un altro problema comune a tutte queste attrezzatura è la loro sostanziale capacità di svolgere il compito loro affidato, ovvero quello di riprendere immagini. Strumenti tecnici perfetti che alla fine lasciavano il possessore di fronte alle sue sole capacità, o incapacità.

Del secondo aspetto congiunturale della crisi è inutile parlarne, lo abbiamo visto con i nostri occhi ed in buona sostanza subito. Certo è che i fabbricanti di computer ed in particolare i produttori di software, Microsoft in testa hanno fatto buon tesoro della lezione che ha loro donato il comparto fotografico. DI fatto i PC – qui intesi come i computer con sistema operativo Windows in opposizione a tutti gli altri – si sono diffusi capillarmente, oltre i reali bisogni dei loro proprietari per due sostanziali ragioni, la sopravalutazione delle capacità del prodotto operata da tutti i media e la grande intuizione del marketing Microsoft: ovvero quella di non produrre mai e di fatto di non consegnare mai un sistema operativo funzionante, Windows come un bambino incapace di compiere i suoi primi passi senza un proprietario amorevole disposto a sacrificare il suo tempo di vita per sostenerlo, con il duplice vantaggio di non rivelare mai il computer un prodotto inutile. Compri un computer Apple, installi il sistema operativo, le periferiche ed i software, sono di fatto passati solamente 40 minuti e già questa macchina non ha più bisogno di te, e tu rimani solo con te stesso, con le tue capacità o incapacità e con il tuo vero o presunto bisogno di questo oggetto. Ecco qui Windows fa di più, compie il primo vero miracolo del marketing dell’era informatica ti da uno scopo, trasformando il tuo computer in un bambolotto, anche se tu nulla sei capaci a fare con esso e neppure nulla devi farci, hai un motivo per possederlo e soprattutto aggiornarlo, comprare e ricomprare costantemente un oggetto che forse un giorno funzionerà, magia.

A rianimare l’esausto mercato fotografico sarà proprio l’informatica a farlo. Incapace di trattare le immagini, di produrle, di elaborarle e di memorizzarle di fatto venderà un prodotto ed una tecnologia ancora inesistente ad un mercato che non ne aveva alcun bisogno. Con costi proibitivi e con una qualità pessima imporrà un nuovo standard mediocre e quindi adattissimo a tutti quei fotoamatori frustrati dalla propria personale incapacità. Ecco una nuova famiglia di prodotti: le fotocamere digitali, da coccolare, da comprare e criticare per i loro limiti e le loro incapacità, da sostituire inseguendo l’oggetto prossimo venturo quello si capace di fare le fotografie.

Avendo svolto l’attività di consulente per diverse case fabbricanti mi sono spesso chiesto come mai, anche a parità di spesa, centinaia di migliaia di persone optassero per prodotti scadenti, incapaci di svolgere in modo soddisfacente il compito loro assegnato, e peregrinando come falene impazzite per la luce, disseminavano tempo e denari in ogni speco del mondo informatico-fotografico.


La Sony Mavica ad esempio ne è senza dubbio un esempio ideale, quanti fotografi di attualità ho visto perdere il sonno appresso a questi apparecchietti e anche perdere il lavoro. Troppi certamente, gente disperata che si ostinava a voler produrre un workflow che per i tempi era molto oltre la loro portata, anche concettuale.

Ma quei tempi fatti di fotocamere giocattolo o prodotti presunti professionali dai costi purimilionari, come le prime reflex digitali Kodak che costavano decine di milioni delle vecchie lire, cosa ci hanno lasciato ? Come fatto positivo ci hanno lasciato la fusione dell’imaging con l’informatica e il ritorno all’hobby della fotografia di tutta quella pletora di patiti dell’informatica che finalmente hanno trovato un modo per usare i loro computer oltre Internet e ai videogiochi. All’opposto abbiamo anche mutuato tutto il negativo dell’informatica consumer… un modello di sviluppo di un processo industriale in cui tutto è a carico dell’utente finale… che non è neppure proprietario degli strumenti che usa (software), concessi in licenza e non di fatto posseduti.

Ecco allora la pletora di fotocamere che si succedono ad un ritmo incalzante, di nuove ogni sei mesi, quando prima si aspettavano anni per vedere un nuovo (nuovo?) modello, tutte al contempo incapaci di produrre anche solo la metà di una immagine analogica. Per lo stesso principio ci hanno negli ultimi anni ammannito la storia che produrre sensori 24×36 era troppo oneroso, per noi, quando è arcinoto che è stata una tecnica di marketing pura destinata a non produrre subito dei prodotti da tempo in commercio ma che avrebbero reso subito saturo il mercato delle fotocamere reflex con dei prodotti soddisfacenti destinati a durare. Via un nuovo parco ottiche, mediocri stavolta, pronto a sostituire i troppi obiettivi già in circolazione di colpo divenuti obsoleti per un cambio repentino di formato. Qui il parallelismo con il mondo informatico appare chiaro… da anni esistono due mondi contrapposti Apple e Windows. Chiunque possegga un computer Apple sa che scrivere un articolo, ascoltare musica, masterizzare DVD e nel frattempo far eseguire a Photoshop operazioni in batch su files da 100+ Mb ciascuno per ore, facendo copie multipli su dischi raid  è una esperienza comune e possibile, la sto ad esempio facendo io in questo momento… a breve sarà possibile anche agli utenti Win, quando di preciso non è noto, ma siamo sicuri a breve…

Quanti anni sono passati dal primo Mac, eppure allora come oggi sono le uniche macchine consumer capaci di far esprimere il loro proprietario senza ridurlo a comprendere il contesto, il mondo, lo specifico linguistico da cui traggono origine.

Questa rivoluzione non è ancora accaduta nel modo della fotografia digitale che pertanto ancora come tale non esiste… per due sostanziali ragioni. La prima è che fino a quando il mezzo principale di fruizione delle immagini  digitali sarà il loro alter ego stampato analogicamente su una qualche superficie, saremo di fronte ad una fotografia o una immagine sostanzialmente analogica. Che molti poi dicano di fruire delle loro immagini su monitor è in buona sostanza una ‘fregnaccia’ termine dialettale e leggermente scurrile che però rende appieno l’idea, visto che sono le stesse milioni di persone che alimentano il mercato delle stampe domestiche…

E’ infatti questo comparto del mercato del moderno imaging a darci il maggior segno a costituire il maggior parametro della crisi del comparto industriale dell’informatica…
Nel mondo della stampa sono di fatto riusciti a mutuare il peggio del capitalismo moderno, hanno contemporaneamente distrutto il mercato dei laboratori fotografici, riducendo un settore florido ad un settore in pienissima crisi, con la consistente espulsione dal mercato del lavoro di centinaia di migliaia di persone di colpo divenute obsolete; facendo ricadere tutti i costi sul consumatore finale che ora si trova a pagare per un prodotto peggiore una maggiore quantità di denaro in più svolgendo lui stesso il lavoro che prima sarebbe stato svolto dal laboratorio ad un costo più basso. Risultato, un aumento generalizzato dei costi e una perdita di ricchezza reale, di tempo e anche di qualità… una magia davvero tipica del mondo dell’informatica così come noi lo conosciamo…. 

Solo in questi ultimi periodi si sta verificando una qualche inversione di tendenza… seppur minima… compaiono ad esempio le prime reflex capaci di restituire una qualità simil fotografica, a dire il vero al momento ne esistono solo cinque modelli, e mi riferisco all’ultima Sony, alla D3 e D700 di Nikon e alla Eos 1D Mark III e alla 5D Mark II di Canon.
Tutti oggetti dal costo comunque triplo o quadruplo del loro corrispettivo analogico. Lo stesso possiamo dire per i sistemi di memorizzazione dei dati. Ora una fotocamera digitale da 24 Mp produce una base dati che solo recentemente è divenuta accettabile come costo di storage, principalmente grazie ai prodotti LaCie, di fatto gli unici sul mercato a permettere storage di qualità raid a costi accessibili.

Dello stesso tipo  è il discorso applicato ad altre periferiche del trattamento digitale delle immagini, i sistemi destinati alla visualizzazione monitor crt, schermi lcd o oled e quant’altro. Mentre i primi a fronte di una tecnologia collaudata sono stati abbandonati quando avrebbero potuto a costi ragionevoli offrire una certa coerenza tra quanto visualizzato e quanto di fatto memorizzato, i secondi sono ancora una tecnologia di seconda scelta, con capacità inferiori e costi ancora superiori, salvo l’essere industrialmente conveniente soprattutto per un handling delle merci molto più vantaggioso, che però non ha trovato alcun riscontro nelle tasche dell’utente finale. Ancora una volta un chiaro esempio di come ci siamo fatti carico noi utenti finali solo degli svantaggi di questa ennesima innovazione in attesa dei possibili vantaggi. Anche a questo proposito qualcuno dirà che prodotto molto meno ingombranti sono stati anche per il cliente un notevole vantaggio… mi permetto anche in questo caso di dissentire.. davvero aver perso 30 o 40 cm di ingombro su una scrivania in profondità sono un vantaggio valutabile nel maggior costo di alcune migliaia di euro o nell’impossibilità di mantenere in vita prodotti che avrebbero avuto grazie a qualche occasionale intervento di assistenza ancora anni di potenziale utilizzo ? 

Il comparto monitor comunque a fronte di mille attori di varia e modesta qualità di fatto vede un solo brand economico e al contempo di qualità, ancora una volta LaCie, marchio francese, che negli anni ’90 si è imposto al mercato soprattutto con degli ottimi monitor crt calibrabili a basso costo, di cui l’attuale linea lcd ne è sostanzialmente degno erede.

Completamente di senso opposto è il discorso sulle stampanti di medio e di grande formato… parallelamente all’ascesa di Epson come leader di un mercato apparentemente in concorrenza e pieno di offerte e prodotti diversi abbiamo avuto una enorme perdita di qualità e diversità dell’offerta… Al momento attuale non esiste una stampante adatta all’uso fotografico capace di coniugare costi accettabili e qualità, diverse invece le soluzioni di tutto ripiego… via via peggiori… tra queste l’unico prodotto degno di nota più per il costo che per il complesso di qualità prestazioni è la 3800 di Epson, stampante A2 che malgrado una meccanica fragile ed un costo di utilizzo compatibile solo con il titolo di sultano di qualche stato arabo seduto su di un mare di petrolio, resta l’unico prodotto in qualche modo creativo e interessante in un panorama che ha come unico orizzonte lo ‘spenno’ dell’utente attraverso pratiche di cartello e consorzio tra i fabbricanti tese a vanificare qualsiasi concorrenza.

Resta esempio lampante e validissimo il costo di vendita degli inchiostri sovente molto superiore al costo della stampante stessa di fronte ad un prodotto dal costo di produzione quasi nullo.

Similare è il discorso per scanner, fotounità e ingranditori digitali… prodotti di nicchia, orami lontani dal mercato, che faticano a trovare assistenza tecnica e aggiornamenti, anche se solo pochi anni fà richiedevano centinaia di migliaia di euro per essere acquistati. In questi settori si è subita una obsolescenza radicale e solo la povertà del mercato, la difficoltà a rinnovare gli investimenti in tempi di fatto troppo brevi mantiene in vita queste apparecchiature destinate a scomparire.

Una qualche riserva di mercato rimane alle stampanti laser e led che utilizzano carta fotografica, ancora la soluzione miglior per qualità e costi di produzione, ultima spiaggia di un processo industriale quello della fotografia destinato a scomparire per essere accorpato a quello della stampa digitale, di cui la tipografia con il suo contesto industriale di professionalità ed impieghi è la prossima vittima annunciata. Quando i toner a microparticelle avranno raggiunto una qualità paragonabile all’attuale stampa offset e saranno applicabili sulla stessa tipologia di materiali allora anche la tipografia come noi la conosciamo scomparirà e di fatto sta già scomparendo. A quel punto i linguaggi della grafica e della fotografia coincideranno come specifico della materia e probabilmente potremo finalmente archiviare tra i procedimenti storici la fotografia in senso tradizionalmente inteso, sempre che prima, ma ne dubito fortemente, non venga meno il primato della carta e della stampa su carta come mezzo principale per l’archivio e la fruizione delle informazioni immagini. Una corsa contro il tempo… insomma. In questo senso le ultime soluzioni HP Indigo sono una larga anticipazione di una tipografia di qualità fotografica on demand svincolata da copie, tirature e bisogni industriali di qualsivoglia altra natura.

Nel testo di questo articolo ho occasionalmente buttato in campo una sorta di provocazione dicendo della non esistenza fattuale della fotografia digitale come tale, e certo non voglio lasciare questo punto in sospeso, come un concetto vagheggiato ma di fatto  non compitamente espresso…

Fino a quando il destino di una immagine sarà la sua ultima riproduzione a mezzo stampa analogica su un supporto cartaceo più usualmente o su un qualche tipo di supporto in generale, non si potrà parlare di fotografia digitale, ma di un processo ibrido che alla fine ritorna per essere nel modo in cui nasce una transcodificazione da un linguaggio ad un altro… chiunque insegua una unificazione di questi due linguaggi senza tenerne in debito conto le specifiche lessicali che li distinguono e li separano piuttosto che quelle che li uniscono finirà per esprimere volente o nolente una posizione di frustrazione e di particolarismo che gli precluderanno una vera innovazione linguistico-espressiva.

All’avvento della fotografia digitale, che in buona sostanza coinciderà con la fine del termine fotografia a favore della più potente parola IMMAGINE manca ancora l’ultimo ed essenziale anello della catena: quell’e-paper che qui vediamo illustro in un prototipo di Epson che rappresenta l’ultimo passo, ma anche il primo vero passo concreto verso la dematerializzazione delle informazioni visuali.

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